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I tendoni devono essere considerati opere precarie?

Per capire se i tendoni vanno considerati come opere precarie, è necessario approfondire la nozione di opera edilizia precaria secondo quanto è previsto dal nostro ordinamento a questo proposito. Come noto, per le opere precarie non c'è bisogno del permesso di costruire, dal momento che esse rientrano nel contesto dell'attività edilizia libera. Una sentenza recente del Tar della Lombardia, la n. 600 del 4 giugno del 2014 della sezione di Brescia, ha stabilito che i tendoni che sono contraddistinti da una tensostruttura in montanti di metallonon possono essere annoverati tra le opere precarie e, di conseguenza, richiedono il permesso di costruire, nel caso in cui siano usati come depositi che non devono soddisfare necessità temporanee o vengano adibiti ad ambienti di lavoro.

Cosa ne pensa il Consiglio di Stato

Non si può fare a meno di esaminare con attenzione la giurisprudenza italiana in tal senso: per esempio la sentenza n. 2842 del 3 giugno del 2014 del Consiglio di Stato, che può essere ritenuto il supremo tribunale amministrativo del nostro Paese, ha segnalato che anche le opere che hanno carattere stagionale presuppongono il permesso di costruire se sono finalizzate ad assecondare interessi non momentanei ma permanenti nel corso del tempo. Esse, pertanto, a livello burocratico e normativo vanno equiparate alle nuove costruzioni. Si può dire, quindi, che le tensostrutture sono manufatti non precari se è presente il requisito di un utilizzo costante e ricorrente nel tempo, e ciò a prescindere dal peso della struttura - che può essere più o meno esiguo - e dalla tipologia di materiali adoperati per la costruzione. Si tratta di un particolare che non può certo essere sottovalutato, anche verificando ed esplorando le proposte di Coperturemps.it.

L'attività edilizia libera

Il fulcro del problema - sempre che di problema si possa parlare - sta nel fatto che le opere precarie, come si è detto, rientrano dal punto di vista disciplinare nell'ambito dell'attività edilizia libera. La differenza tra il bisogno del titolo abilitativo per costruire e la sua non utilità è molto importante non solo per i professionisti e gli addetti ai lavori, ma più in generale per tutti i cittadini comuni che si trovano ad affrontare opere di questo tipo.

Il parere della Corte Costituzionale

In tale contesto c'è da tener presente anche la sentenza n. 278 del 2010 della Corte Costituzionale, attraverso la quale sono stati definiti alcuni criteri che isolano e mettono in evidenza il concetto di precarietà in relazione a un manufatto edilizio. La nozione può essere caratterizzata da un'accezione oggettiva e da una funzionale: la prima ha a che fare con la tipologia di materiali che vengono impiegati nel corso dell'intervento, mentre l'altra riguarda il carattere temporaneo dell'intervento stesso.

Per poter considerare la realizzazione di un manufatto esente dalla necessità di richiedere il permesso di costruire in virtù della sua natura precaria, pertanto, non si può fare riferimento unicamente alla natura temporanea della destinazione d'uso; occorre, invece, prendere in considerazione la destinazione materiale intrinseca del manufatto verso un utilizzo effettivamente temporaneo e precario. Tale destinazione può essere desunta dalla valutazione dei fini per i quali l'opera viene realizzata: fini che devono essere limitati nel tempo e ben specifici. Ciò vuol dire, tra l'altro, che un'opera precaria non solo deve poter essere eliminata in seguito al suo utilizzo, ma deve poter essere eliminata in maniera sollecita. 

Per la concessione della qualifica di precarietà a un'opera non contano né i materiali impiegati né le caratteristiche costruttive; allo stesso modo non è rilevante una eventuale agevole rimozione. 


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